Innovazione digitale: due velocità a confronto
Quando si osservano Italia e Regno Unito sul piano dell’innovazione tecnologica, emerge una distanza strutturale che si riflette su più livelli: dalla digitalizzazione della pubblica amministrazione all’infrastruttura delle reti, dal mercato del lavoro tech alla diffusione delle competenze digitali. Sebbene entrambi i Paesi facciano parte dell’area occidentale sviluppata, il Regno Unito ha da tempo intrapreso un percorso di trasformazione digitale più rapido e profondo, consolidato da investimenti pubblici e privati, una burocrazia più snella e una cultura del rischio più favorevole all’innovazione.
Banda larga e connettività: il divario infrastrutturale
Uno degli indicatori più evidenti del gap è la qualità delle infrastrutture di rete. Secondo l’ultimo rapporto DESI (Digital Economy and Society Index), l’Italia mostra ancora ritardi significativi nella diffusione della fibra ottica FTTH (Fiber to the Home). Mentre in molte zone urbane britanniche la connessione a 1 Gbps è ormai uno standard, l’Italia presenta una copertura disomogenea, con molte aree rurali ancora dipendenti da tecnologie obsolete come l’ADSL.
Il Regno Unito, pur essendo anch’esso alle prese con ritardi nella copertura universale della fibra, ha avviato un piano nazionale ambizioso denominato Project Gigabit, con l’obiettivo di garantire connettività ultra-veloce in tutto il Paese entro il 2030. In Italia, nonostante iniziative analoghe come il Piano BUL (Banda Ultra Larga), i tempi di attuazione si sono rivelati più lenti, spesso ostacolati da complessità burocratiche e difficoltà di coordinamento tra enti locali e governo centrale.
Digitalizzazione dei servizi pubblici
Nel Regno Unito, l’adozione di strumenti digitali da parte della pubblica amministrazione è avanzata e diffusa. Il portale GOV.UK consente ai cittadini di accedere facilmente a una vasta gamma di servizi — dal pagamento delle tasse alla richiesta di documenti ufficiali — in un’interfaccia unificata, user-friendly e mobile-first.
L’Italia ha compiuto importanti passi avanti con il sistema SPID, la carta d’identità elettronica e la piattaforma IO, ma l’esperienza utente è ancora spesso frammentata e disomogenea. Ogni regione e comune può adottare soluzioni diverse, creando un ecosistema non sempre integrato. Inoltre, molti servizi digitali, pur esistendo sulla carta, non sono sempre accessibili o funzionanti nella pratica quotidiana.
Start-up e cultura dell’innovazione
Il Regno Unito è tra i primi Paesi in Europa per numero di start-up tecnologiche, grazie a un ecosistema imprenditoriale solido, accesso facilitato a capitali di rischio e una normativa favorevole. Londra, in particolare, è considerata uno dei principali hub tech del mondo, seconda solo a città come San Francisco e Berlino in termini di attrattività per le nuove imprese digitali.
L’Italia ha introdotto nel 2012 un quadro normativo a sostegno delle start-up innovative, che ha prodotto una crescita nel numero di imprese registrate. Tuttavia, il tessuto imprenditoriale italiano rimane spesso vincolato da barriere culturali, come una minore propensione al rischio, e da difficoltà di accesso ai finanziamenti, soprattutto nelle fasi iniziali. La fuga di talenti è un altro elemento che indebolisce il potenziale innovativo del Paese.
Competenze digitali e formazione
Un altro fronte dove il gap è evidente è quello della preparazione della forza lavoro. I dati Eurostat mostrano che solo il 46% degli italiani tra i 16 e i 74 anni possiede competenze digitali di base, contro il 79% dei britannici. Questo dato si riflette nella difficoltà delle imprese italiane a trovare profili qualificati in ambito ICT e nella lentezza con cui il sistema scolastico e universitario si è adattato alle nuove esigenze del mercato.
Nel Regno Unito, il sistema educativo è più flessibile e orientato al mercato. Iniziative come i “bootcamp digitali”, promossi anche dal governo, hanno l’obiettivo di colmare rapidamente i gap formativi e fornire competenze pronte per l’impiego. In Italia, nonostante l’avvio di progetti come il Piano Nazionale Scuola Digitale, le criticità restano: poche ore di educazione digitale nei programmi scolastici, carenza di docenti formati e infrastrutture scolastiche inadeguate.
Lavoro e smart working: due approcci diversi
La pandemia ha accelerato ovunque il ricorso al lavoro da remoto, ma con esiti differenti. In UK, le aziende hanno rapidamente adottato modelli ibridi, integrando strumenti digitali per la collaborazione, la sicurezza e la produttività. Il lavoro flessibile è ormai un dato di fatto per moltissimi settori, e sono nate intere professioni legate al “remote-first”.
In Italia, molte imprese hanno accolto con ritardo o riluttanza questa transizione. Una parte del tessuto produttivo, ancora legato a dinamiche gerarchiche e a un controllo di tipo fisico, fatica ad accettare modelli organizzativi basati sulla fiducia e sull’autonomia. Ciò ha avuto un impatto anche sul benessere e sulla competitività di alcune categorie professionali.
Tecnologia e territorio: città digitali a confronto
Le differenze si fanno ancor più marcate se si osservano le realtà urbane. Città come Londra, Manchester e Bristol sono diventate modelli di “smart city”, grazie a politiche di investimento mirate, raccolta e analisi dei dati in tempo reale e servizi integrati per mobilità, ambiente ed energia.
Anche nel Regno Unito, però, esistono aree meno conosciute che stanno investendo in soluzioni tech per rilanciarsi. Un interessante approfondimento su questo tema mette in evidenza come alcune città sottovalutate del Regno Unito abbiano saputo reinventarsi con approcci digitali, diventando casi studio di trasformazione urbana e sociale.
In Italia, città come Milano e Bologna stanno provando a seguire questa strada, ma la mancanza di una strategia nazionale coerente e la disomogeneità tra Nord e Sud rallentano i progressi. I progetti di smart city esistono, ma spesso restano confinati a sperimentazioni isolate, senza un impatto sistemico.
Fintech e pagamenti digitali
Un altro indicatore significativo è rappresentato dalla diffusione dei pagamenti elettronici e dei servizi fintech. Nel Regno Unito, l’uso del contante è ormai residuale. I sistemi di pagamento contactless, wallet digitali e open banking sono parte della quotidianità, anche grazie a un ecosistema normativo aperto e favorevole all’adozione tecnologica.
In Italia, la crescita dei pagamenti digitali ha avuto un’accelerazione post-COVID, ma la penetrazione resta inferiore. Il contante è ancora molto usato, soprattutto tra i piccoli esercizi, e la diffidenza verso i sistemi digitali è più marcata tra le fasce più anziane della popolazione. Inoltre, l’integrazione tra banche tradizionali e nuove tecnologie procede a rilento rispetto agli standard britannici.
Fonti dati
- Eurostat
- DESI – Digital Economy and Society Index
- Ministero per l’Innovazione Tecnologica e la Transizione Digitale (MITD) UK e Italia





